mercoledì 10 settembre 2008

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Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, sono diventati quattro anni. Quattro lunghi anni senza vederlo, senza toccarlo, senza potergli parlare direttamente. Vivo questo ricordo come se fosse ieri, quando non riuscivo ad andarmene e lasciarlo li su quel letto in ospedale per poi trovarlo su un altro letto coperto da un lenzuolo bianco. Vederlo e sentirmi morire, il terremoto dentro, e un buco enorme, le gambre tremavano e le mille cose che avrei ancora voluto e dovuto dirgli rimbalzavano nella mia testa. Non ci volevo credere e a dire il vero tutt'oggi mi sembra che tutto ciò non sia realtà, in me c'è ancora speranza che tutto sia solo un terribile incubo. Non può essere, non tu, non io. nell'estate di quattro anni fa avevo 17 anni, stavo già inseguendo i miei sogni, via da casa. Il mio pensiero, la mia mente però erano perennemente da lui. Sapevo che stava male, tanto male ma nessuno mi ha mai detto che da li a poco non ci sarebbe più stato. Gli anni forse erano troppo pochi per rendermene conto da sola, ma quando continuano a dirti, vedrai, andrà tutto bene, ci speri, ci credi. I suoi ultimi mesi non gli ho passati al suo fianco, non come avrei dovuto, lo vedevo una volta a settimana in condizioni sempre peggiori, ma con la volontà e la forza che solo lui poteva avere in questi momenti delicati. Le chiaccherate che facevamo mi mancano terribilmente, è stato lui a spingermi a farmi le ossa, l'esperienza altrove, un segno forse con cui ha voluto dirmi di sbrigarmi a crescere perchè il futuro mi avrebbe riservato pessime notizie da li a poco. Ogni tanto la mia mente ha dei flash ed è come se stessi rivivendo quelle situazioni, quelle chiacchierate, una in particolare del quale mi ricordo ancora molte delle sue parole. Tornavo a casa e cucinavo per lui le ultime cose imparate, così almeno un po' mangiava.
Da quel 10 settembre tutto è cambiato, lui non c'era più, lo squillo del telefono alle tre e mezza del mattino ha dato pessime notizie, in seguito a una serie di coincidenze assurde ha deciso di partire da solo, verso un nuovo mondo o forse da nessuna parte. Preferisco la prima versione, perchè ci credo. Lui è li e mi stà guardando forse ora anche lui starà piangendo, mi starà aspettando, in questi anni i giorni in cui ho toccato il fondo non sono di certo mancati, ho anche pensato che forse con lui, da lui la vita sarebbe stata più facile. Ho resistito, mi sono tirata su le maniche e ho continuato a lottare per me e per lui, per la sua più grande passione che anch'io ho inevitabilmente nel sangue, la cucina. I miei mille sforzi stanno dando i primi frutti, non solo per la mia forza di volontà, per l'amore che ho per la cucina, ma perchè lui mi stà guidando. Le volte che abbiamo cucinato insieme purtroppo non sono tante, ma l'ho osservato molto e con l'aiuto di chi ha lavorato al suo fianco stò apprendendo questo mestiere come lo faceva lui. Spesso consulto un libro di cucina che amo e che usava a scuola stampato nel 1964, si chiama "Il talismano della felicità" già il nome dice tutto, rileggere i suoi appunti, le sue corretture alle ricette ancora in proporzioni perchè allora le bilancie non erano molto usate. Ricordo ancora quando me lo disse dopo una mia domada stupita sul perchè non ci siano i grammi.
Sorrido, perchè so che c'è e che mi guida. Piango perchè non è qui fisicamente, perchè non lo posso abbracciare perche quelle chiaccherate che solo con lui riuscivo a fare mi mancano e soprattutto perchè non sono mai riuscita a dirgli TI VOGLIO BENE, è una cosa ovvia, lui lo sapeva e lo sa, ma è il mio carattere (che ho preso da lui), che mi fa andare avanti con il freno a mano perennemente tirato, non mi lamento del carattere che ho, probabilmente se non fossi stata così questo splendido rapporto con lui non l'avrei avuto. Il primo perido è senz'altro stato il più difficile, pochi giorni dopo ero fra i banchi, ma con la testa altrove, lo sentivo parlare ogni tanto lo vedevo ma dopo aver messo a fuoco mi rendevo conto che non era lui. I miei compagni di classe con il quale non ne è mai uscita una parola hanno fatto si (forse involontariamente) che mi sentissi subito a mio agio, solo qualche professore ha avuto il coraggio di chiedremi com'è andato il tutto, avrei preferito non dare spiegazioni. Non ha importanza come se ne sia andato, ma il fatto che non c'era più, che io non avevo e che non ho un padre, l'hanno capito presto e hanno smesso di tartassarmi. Ero la povera ragazza della scuola... non ho mai chiesto compassione ne mai la chiederò. Per un lungo periodo e a volte mi capita tutt'ora di sentirmi un nodo alla gola nel vedere una famiglia felice, un padre con i filgi, poi c'ho fatto l'abitudine, buon per loro, ora vorrei fermare tutti quei bambini e dirgli di amare e dichiarare il proprio amore a chi li ha messi al mondo prima che sia troppo tardi! Da questa terribile esperienza ho imparato molte cose, niete va rimandato, e tutto va vissuto al massimo, la vita putroppo non è solo rose e fiori, ma vale comunque la pena viverla.

Questa come sempre (o quasi) è fresca di giornata, un paesaggio dai colori unici come un padre. Mio padre.


Faccio fatica a parlarne, qui era giunta l'ora che mettessi questo grande mattone che sta costruendo il mio contenitore di emozioni. Scusate ma ho deciso di non consentire i commenti a questo post, ripeto non voglio compassione, ho scritto queste righe per me, per la paura di dimenticare troppe cose.